Ed eccoci finalmente al racconto di quelle che sono state le mie prime due notti nel “deserto” durante la mia esperienza di tre mesi nel Maghreb. Ho viaggiato molto, moltissimo, ma non avevo mai coronato il mio sogno di dormire nel deserto. Ci ero andato molto vicino durante i tre mesi di mia permanenza in Tunisia, trascorsi nello studio di un master privato, vinto con il bando Torno Subito, in diritto dell’immigrazione e mediazione interculturale.
Durante questa esperienza, dalle emozioni altalenanti, ho avuto modo di recarmi più volte nell’estremo Sud Tunisino, nel Grande Erg, ma il carente sistema ricettivo-alberghiero del Sud del paese maghrebino non mi ha permesso di dormire direttamente tra le dune, a meno che non avessi scelto qualche costosissima escursione privata da parte di tour operator o qualche beduino markettaro dell’ultima ora e dall’aria poco rassicurante.
In Tunisia ho avuto modo di dormire nel villaggio berbero di Chenini, a 20 km di distanza da Tataouine, cittadina fondata dai francesi circa un secolo fa. La pianificazione di questa escursione non è stata particolarmente accurata: avevo a disposizione solo 3 giorni, e per andare a Tataouine mi ci sarebbero volute almeno 7 ore di louage (taxi grande collettivo). Dopo ore passate sotto la pioggia alla stazione dei louage, vengo accompagnato in una piccolissima stazione di servizio, dove passavano i grand taxi per Tataouine. Ero in stazione dalle 6, ma sono riuscito a partire solo alle 13, con arrivo a Tataouine alle ore 21. Da li sono arrivato a Chenini con un taxi vero e proprio, pagando l’equivalente di 5 euro per mezz’ora di tragitto nel buio più totale.
Il mio arrivo a Chenini è stato biblico. Poichè la strada era impraticabile, sono stato lasciato alle porte del villaggio, immerso in una oscurità totale. Il vento ululava paurosamente e non c’era nessuno, e ammetto di aver avuto un po’ paura. Vengo subito accolto da un fortissimo odore di escrementi di capra, così forte da entrare nelle vene, e ancora oggi se ci ripenso riesco ancora a sentire quell’odore. Nemmeno il tempo di tirar fuori il telefono per farmi luce che mi ritrovo faccia a terra, perché ero inciampato su una roccia. Dopo un paio di minuti, sento qualcosa: accanto a me passa un jedi, si proprio uno dei personaggi di star wars, un uomo incappucciato di marrone con la testa bassa, che all’ultimo secondo mi dice “aslema” (ciao in tunisino). Riesco poi a trovare la scalinata e ad arrivare al mio albergo, dove sono accolto da altri jedi, intenti a sistemare l’impianto di riscaldamento (la temperatura era già vicina allo zero).
Il villaggio di Chenini è il classico posto dimenticato e sperduto, dove convivono buoi, capre e qualche centinaia di beduini e trogloditi (abitanti delle grotte) che per sfuggire al caldo estremo dell’estate (e al freddo pungente dell’inverno) hanno costruito le loro abitazioni scavandole direttamente nella roccia. Sebbene Chenini fosse l’unico centro abitato nel raggio di chilometri, la presenza delle stelle è stata disturbata da un paio di grossi fasci di luce nei pressi dell’unica piccola moschea (in Tunisia non esiste ancora il concetto di green economy o di astroturismo!), ed il fortissimo vento di metà dicembre, unito al buio siderale, mi hanno impedito di avventurarmi tra le desertiche montagne nei pressi di Chenini. In quell’occasione riuscii comunque a scattare un paio di foto interessanti con la mia macchina fotografica, pur non essendo minimamente competente di fotografia o fotografia astronomica.


Un secondo tentativo di osservare la Via Lattea è stato registrato il giorno dopo. Volevo fortemente il deserto. Chenini è stato uno tra i posti più suggestivi che abbia mai visto in vita mia, ma ero rimasto deluso dal fatto di non essere riuscito a vedere le stelle come mi sarei immaginato, ma dovevo anche considerare che d’inverno il “core” della Via Lattea non è visibile dal Nord Africa o dall’Europa.
In ogni caso, avrei voluto vedere le vere dune del deserto, non delle montagne aride, che seppur bellissime, erano un po’ monotone. Poco dopo le ore 11, decido di abbandonare Chenini per tornare a Tataouine e da li trovare il modo di arrivare a Douz, la porta del deserto, e vedere il Sahara con le dune di sabbia. Da Tataouine arrivo a Gabes con un grand taxi, e da Gabes prendo al volo l’ultimo pullman per arrivare a Douz, dove dopo 4 ore (trascorse in piedi) riesco a giungere a destinazione (di dune nemmeno l’ombra durante il viaggio). Il tragitto da Gabes a Douz è stato di una monotonia desolante, ma assistere ad un tramonto con un tasso di umidità estremamente basso è stato veramente suggestivo (non ho foto in buona risoluzione perché la mia reflex era in valigia e non avevo voglia di tirarla fuori).
Con un po’ di peripezie, e dopo vari giri, riesco ad arrivare all’hotel che avevo visto su booking durante il tragitto, quello che mi era sembrato più economico e più vicino al deserto. Alla modica cifra di 140 dinari (45 euro, fidatevi che in Tunisia sono una cifra esorbitante!) prendo possesso di una casetta direttamente sulla sabbia, all’interno di una grandissima oasi. Qui decido di provare ad incamminarmi tra le dune, malgrado avessi il telefono al 10%. Per arrivare alle dune dovevo però attraversare l’oasi, che capirò ben presto che in realtà si tratta di tanti piccoli appezzamenti di terreno privati, e dopo aver capito che alcuni di essi erano controllati da un guardiano (con il rischio di essere considerato un ladro – poi vallo a spiegare in tunisino che ero sveglio per andare a vedere le stelle) decido di tornare in camera, e di corsa.
Dunque non ho foto del cielo stellato di quella sera, sebbene qualitativamente migliore di quello che avevo visto a Chenini, un paradosso, perché dov’ero alloggiato io a Douz mi trovavo a pochi chilometri da grandi alberghi con fari luminosi super inquinanti e mega insegne al neon, vi lascio però con una foto del deserto di Douz, con dune alte alcuni metri, nulla a che vedere a quelle che avrei visto qualche mese dopo a Merzouga in Marocco.